Login Contatti | RIVISTA SEMESTRALE - ISSN 2421-0730 - ANNO IX - NUMERO 2 - DICEMBRE 2023

Presentazione di Alessandro Morelli e Andrea Porciello

In Editoriale
1 Agosto 2017

Se c’è un termine che più di altri sembra adatto a descrivere il nostro tempo è “incertezza”: è molto difficile, anche per gli economisti ed i politologi più esperti, fare previsioni su quello che avverrà negli anni a venire, su quelle che saranno le condizioni di vita dei nostri figli e delle generazioni future. Quel che è certo è che qualcosa (anzi, più di qualcosa) non ha funzionato, innanzitutto nella politica.

L’allarme climatico, di cui si parla ormai da più di trent’anni, è una realtà: la salute del nostro pianeta è compromessa, secondo alcuni in modo irreparabile. Ma ancora il sistema economico occidentale non intende bilanciare in modo serio le ragioni della produzione e dello sviluppo del capitale con i danni ambientali che invariabilmente ad essi si accompagnano. I blandi richiami che la normativa europea fa al principio di precauzione sembrano del tutto insufficienti a fronteggiare una situazione come quella che si presenta oggi ai nostri occhi: mai come quest’anno il mare Artico è stato così privo di ghiaccio, a tal punto che molti studiosi hanno parlato di un vero e proprio “punto di non ritorno” (in pochissimo tempo è scomparsa una superficie di ghiaccio grande almeno cinque volte l’Italia), per non parlare dei gravissimi danni alla salute e del business economico che ad essi si accompagnano.

Il paradosso è che questa corsa all’ “arricchimento a tutti i costi”, che sta distruggendo l’ambiente e compromettendo il clima, non sta al contempo creando condizioni economiche individuali compatibili con una pur vaga idea di equa distribuzione delle risorse: il reddito di circa 85 persone equivale a quello di metà della popolazione più povera del mondo e circa metà della ricchezza è detenuta dall’1% della popolazione mondiale. E anche ragionando in termini localistici, la situazione appare altrettanto allarmante: in Italia ci sono circa 5 milioni di persone che vivono (si fa per dire) in condizione di povertà assoluta.

E poi ci sono i migranti, quelli che concludono il proprio viaggio della speranza sul fondo del mar mediterraneo e quelli che popolano i tanti centri di accoglienza (sempre più simili a dei lager), i ghetti delle nostre periferie e i campi di lavoro in cui vigono le dure leggi del caporalato. E mentre l’Italia è “costretta” ad accoglierli, l’Europa si gira dall’altra parte, come se non avesse responsabilità alcuna nella povertà e nell’instabilità politica del continente africano, la nostra bella e selvaggia colonia fino a pochi decenni fa!

Tutto ciò, e molto altro ancora, spiega la critica che molti giuristi indirizzano all’utilizzo indiscriminato che negli ultimi anni si è fatto della nozione di “diritto soggettivo”, un’entità priva di limiti, capace di creare vere e proprie aree di impunità in cui tutto diviene lecito: distruggere l’ambiente, privatizzare le risorse, affamare intere popolazioni, sottomettere altri esseri umani. È a partire dai doveri che, ad esempio secondo Zabrelesky, bisogna ricostruire i rapporti giuridici in modo sano e rispettoso della dignità individuale. Di questo avviso non è Massimo La Torre che proprio nell’Editoriale con cui si apre il presente numero della nostra rivista efficacemente sottolinea che “senza diritti, ma con doveri e calcolo prudenziale non opereremmo più nel discorso tra uguali e della cittadinanza”.

Molti dei temi a cui si è fatto accenno trovano sviluppo in alcuni degli articoli del primo numero del 2017 di Ordines: la questione climatica (Marino), la cattiva distribuzione delle risorse e i paradisi fiscali (Daniele), l’incertezza della giustizia costituzionale (Serzhanova), la salute e le multinazionali del farmaco (Nanci ed Errigo). A questi studi relativi a problemi politici ed economici concreti, si aggiungono quelli più squisitamente teorici: sul discorso normativo (Cherot), sulla questione della tortura (La Torre), sul senso morale dell’impero della legge (Ansuategui Roig), sulla filosofia del diritto in Russia (Davydova), e sulla proposta teorica del controverso giurista tedesco Carl Schmitt (Atzeni). Altra questione ricorrente nel numero è quella della condizione del minore, dal punto di vista del diritto penale (Orsi Hilla), da quello teorico argomentativo (Mazzuca), e da quello storico (Bongarzone). Completano il numero uno studio sul caso Contrada (Amantea) ed uno sul diritto di voto in Inghilterra (Weston).

Le recensioni di questo numero di Ordines hanno ad oggetto il recente volume di Mauro Barberis dedicato al rapporto tra sicurezza e libertà (Valia) ed il volume di Luigi Ferrajoli in cui l’autore torinese dialoga con Mauro Barberis a proposito di diritti e garanzie (Cintorino).

Infine, nella sezione “Forum della Rivista”, Becchi, Colaianni, La Torre, Mantineo, Ruggeri e Spadaro rispondono ad alcune domande sul tema “Costituzione, diritto e politica”.

SCARICA IL DOCUMENTO INTEGRALE

Hai già votato!