CONSIDERAZIONI A MARGINE DEL RECENTE LIBRO DI COSTANZA MARGIOTTA, CITTADINANZA EUROPEA. ISTRUZIONI PER L’USO, EDITORI LATERZA, ROMA-BARI 2014. di Rosaria Mastroianni Ianni
Sono trascorsi ormai più di 20 anni da quando, nella cittadina olandese di Maastricht, venne firmato il Trattato sull’Unione europea, mediante il quale si diede vita ad una tipologia unica di cittadinanza che modificò il concetto classico che fino a quel momento si era mantenuto dell’istituto. Inizialmente qualificata come “market citizenship”, la cittadinanza dell’Unione iniziò così a conferire veri e propri diritti ai cittadini degli Stati membri i quali si videro riconosciuta la libertà di circolare e soggiornare su tutto il territorio europeo, ma non solo, per la prima volta vennero loro conferiti dei diritti politici esercitabili in qualsiasi paese dell’Unione. I cittadini europei residenti in uno Stato diverso da quello di cui abbiano la cittadinanza nazionale vengono così ammessi a votare alle elezioni comunali ed europee nello Stato in cui risiedono.
Il Trattato crea pertanto una rottura nell’apparente inalterabilità della corrispondenza esclusiva tra cittadinanza nazionale e suffragio.
Questa nuova “creatura anomala” iniziò così a produrre riflessi percepibili non solo sul piano economico, bensì anche su quello politico e sociale. Ed è proprio di tali effetti ed in generale delle conseguenze ad essa connesse che si occupa Costanza Margiotta nel suo libro “Cittadinanza europea. Istruzioni per l’uso”, diviso in 5 capitoli, nei quali l’autrice esamina in maniera chiara ed esaustiva le differenti problematiche che da tempo attanagliano l’istituto della Cittadinanza europea.
Margiotta si pone numerosi interrogativi riguardanti non solo il presente e dunque «cosa rappresenta oggi la cittadinanza europea» ma soprattutto il futuro e dunque «cosa dovrebbe rappresentare» tale istituto negli anni a venire. E nell’affrontare tali delicate questioni, non manca di considerare le influenze negative dell’attuale crisi economica. Difatti, attualmente, l’Europa vive sicuramente uno dei periodi peggiori, se non il peggiore in assoluto di tutta la sua storia. La “crisi europea” ha evidentemente influenzato anche la stessa percezione degli europei di appartenere ad un’unione politica ed economica di carattere sovranazionale. Non solo, ma anche le stesse politiche di integrazione ne sono state condizionate. I 28 Stati appaiono sempre più restii a concedere diritti politici e sociali ai non cittadini e appaiono sempre più gelosi della loro sovranità.