| RIVISTA SEMESTRALE - ISSN 2421-0730 - ANNO X - NUMERO 2 - DICEMBRE 2024

L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELLA CONFIDENZIALITÀ. LE RAGIONI DEL SEGRETO PROFESSIONALE di Andrea Romeo

All’uscita dell’aula di giustizia un compiaciuto cliente si complimenta per la brillante discussione del suo avvocato. Grazie all’arguzia e alle doti eristiche del suo difensore egli sembra oramai essere sfuggito alla più terribile sanzione giuridica che sia ipotizzabile in un sistema formalmente democratico: la pena capitale. L’avvocato, dapprima raggiante in volto per il suo successo, d’improvviso cambia espressione, tradendo un turbamento interiore. Il motivo di questo cambiamento repentino si spiega scoprendo che il suo cliente gli ha confessato di aver commesso il crimine per cui era imputato ed un innocente, di cui il processo ne ha decretato la colpevolezza, verrà giustiziato al suo posto.
La storia appena narrata non è parte dalla trama di un romanzo legal thriller, oppure di un film hollywoodiano con un avvocato come protagonista, ma è la versione – soltanto un po’ romanzata – di un esempio utilizzato da uno studioso di deontologia forense, William H. Simon, per mettere in crisi le ragioni che sostengono, da sempre, una regola professionale il cui rispetto è ritenuto fondamentale, anzi imprescindibile, per il mestiere dell’avvocato: la confidenzialità1. Tale dovere, quantomeno nella prospettiva tradizionale con cui si guarda l’attività del patrocinio legale, assume toni deontici tanto forti da essere avvertito, nelle menti di molti avvocati, come un dovere “sacro”2.

 

SCARICA IL DOCUMENTO INTEGRALE