L’istituto della cessione del credito a scopo di garanzia (o cessio in securitatem)1 è ampiamente connesso alla tematica, di carattere più generale, delle alienazioni in funzione di garanzia2, a sua volta strettamente collegata all’àmbito di applicazione del divieto del patto commissorio (di cui agli artt. 2744 e 1963 c.c.)3.
Cessione del credito a scopo di garanzia e trasferimenti commissori costituiscono, nell’impostazione tradizionale del tema, istituti intimamente collegati, a tal punto che la precisa configurazione dei secondi rivela una significativa capacità di incidenza sulla stessa ammissibilità della cessio in securitatem.
In questa logica, la considerazione del divieto di patto commissorio – e, a dir meglio, del modo in cui esso è usualmente inteso nell’elaborazione dottrinale e nell’esperienza giurisprudenziale (l’una e l’altra, come si dirà, da verificare attentamente) – potrà servire ad accertare:
– se (e, eventualmente, in che modo) esso possa ostacolare la pratica della cessio in securitatem4;
– ovvero, e piuttosto, se in esso debbano effettivamente rinvenirsi, come usualmente si ritiene, limiti ad operazioni economiche di alienazione in garanzia diverse da quelle che coinvolgono la circolazione del credito5;
– oppure, ed infine, se – tutto al contrario – il tema (più generale) del trasferimento di titolarità di situazioni giuridiche in funzione di garanzia possa (se non, addirittura, debba) essere sganciato dal pur usuale collegamento con il divieto codificato dall’art. 2744 c.c., e ne sia invece da considerare (o da ricercare) la compatibilità con il sistema in funzione di altri, e differenti, dati di diritto positivo6.