Login Contatti | RIVISTA SEMESTRALE - ISSN 2421-0730 - ANNO IX - NUMERO 2 - DICEMBRE 2023

Presentazione di Vittorio Daniele, Alessandro Morelli e Andrea Porciello

In Editoriale
18 Febbraio 2019

I contributi pubblicati in questo numero di Ordines riflettono, da punti di vista diversi, l’odierna temperie culturale, nella quale appaiono sempre più decisamente messi in discussione i paradigmi classici sui quali si sono affermate e sviluppate le istituzioni democratiche contemporanee. Il populismo e il sovranismo, che sembra rappresentare la declinazione del primo sul piano dei rapporti internazionali, paiono connotare ormai quasi ogni forma di espressione della politica.

All’insofferenza dei partiti e dei movimenti oggi dominanti per ogni limite imposto alla volontà della maggioranza parlamentare da istituzioni prive di legittimazione elettorale si affianca, infatti, come ricorda Massimo La Torre nel suo Editoriale, una visione sempre più conflittuale dei rapporti tra gli Stati, riscontrandosi “un’ostilità crescente per le forme ordinate, normative, di regolazione delle relazioni internazionali. Ci s’immagina nuovamente un mondo di potenze in concorrenza tra loro per il predominio e l’egemonia mondiale, oppure, là dove si tratti di Stati e staterelli di modeste dimensioni, in difesa di una tutta immaginata e fantasticata compatta identità nazionale”. Il ritorno di paradigmi culturali otto-novecenteschi è certamente la reazione alle conseguenze di una globalizzazione incontrollata, che ha comportato una progressiva, inesorabile perdita di potere degli Stati nazionali, chiamati, d’altro canto, come evidenzia Roberto Bin nell’intervista di Paola Chiarella, sempre più di frequente, a dare risposta a rivendicazioni sociali che essi non sono più nelle condizioni di poter soddisfare.

La comprensione delle dinamiche attuali non può aver luogo senza l’ausilio dell’indagine storica. Non già per operare accostamenti forzati e fuorvianti, utili alla propaganda politica, ma non all’analisi scientifica, ma perché le istituzioni dell’oggi sono sempre il frutto di lenti processi che non hanno necessariamente un andamento lineare. Le involuzioni, le degenerazioni sono sempre possibili e i tragici esempi del passato costituiscono imprescindibili modelli negativi che non possono essere trascurati. Utili, in tal senso, sono le riflessioni sulle responsabilità individuali nella vicenda del genocidio degli ebrei ad opera dei nazisti (Lalatta Costerbosa) e su quelle dei militari per gli abusi e le torture commesse sulla base di veri e propri modelli culturali (Barnao).

Gli scritti pubblicati in questo numero della Rivista affrontano i temi centrali del dibattito politico e giuridico, nella consapevolezza della complessità del momento: nel contributo di Paola Mori si analizza il sistema italiano d’asilo alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea; nel saggio di Vito Velluzzi si affronta l’annosa questione dell’attività dell’interprete al cospetto delle clausole generali e della vaghezza che le contraddistingue; in ambito più strettamente privatistico si muovono i contributi di Marialuisa Chiarella, di Giuseppe Colacino e di Amelia Bongarzone, il primo sulle class actions, il secondo sulle forme che i contratti possono assumere e l’ultimo sulla banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, in cui in particolare si esamina il complesso rapporto tra l’esigenza di fronteggiare con fermezza l’avanzare della criminalità organizzata e la (spesso) contrapposta esigenza di tutela dei diritti individuali coinvolti. Chiudono la sezione “Saggi” del presente numero, il lavoro di Damiani sul ruolo del sociologo del diritto e quello di Blando sui diritti religiosi nell’era del pluralismo.

Nella sezione “Discussioni”, oltre ai già citati contributi di Mori e di P. Chiarella, figurano il contributo di Tommaso Greco sul giurista americano Lon Fuller e sull’opera di riscoperta della sua produzione, avviata ormai da qualche anno anche in Italia; il lavoro di Jessica Mazzuca sulla responsabilità penale del medico; ed il saggio di Sergio Ferlito in cui l’Autore intona un vero e proprio Requiem per l’università italiana, piegata com’è ad esigenze aziendalistiche e alle logiche della burocrazia.

A completare il numero, le recensioni di Magneschi, di Valia, di Guzzo, di Chiarella e di Romeo.

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